PROGETTO PRIN PNRR ROSMINI

Del principio supremo della Metodica e di alcune sue applicazioni dell'umana educazione

Informazioni sull'opera

Del principio supremo della metodicae di alcune sue applicazioni in servigio dell’umana educazione
Antonio Rosmini, 1839–1840 (ed. postuma 1857, a cura di Francesco Paoli)

Keywords
Pedagogia – Metodo – Educazione integrale – Coscienza – Persona

Contesto storico-filosofico
Composta negli anni 1839–1840 l’opera si colloca nella fase più matura del pensiero rosminiano, con la questione educativa che diventa chiave per la riforma civile e filosofica dell’umanità. Rosmini, in anticipo sul dibattito pedagogico moderno, concepisce l’educazione come arte integrale dell’umano, al crocevia tra verità, libertà e sviluppo spirituale.

Genesi dell’opera
Come per le altre opere pedagogiche rilevanti degli anni ’20 dell’Ottocento, (Dell’educazione cristiana, Saggio sull’unità dell’educazione), l’opera nasce come risposta a esigenze concrete, dato lo sviluppo di una Missione Rosminiana in terra inglese e di un Collegio di educatori in Piemonte in quegli anni. Redatta a Stresa tra il novembre 1839 e l’aprile 1840, la Metodica rappresenta il nucleo organico del più ampio progetto pedagogico del Roveretano. Un progetto mai concluso, inizialmente concepito in cinque libri. I due libri composti furono pubblicati postumi nel 1857 da Francesco Paoli, ma l'opera fu già discussa e condivisa da Rosmini vivente, certamente con il prof. Michele Tarditi (il primo libro sarà rinvenuto tra i manoscritti in possesso del Tarditi, una volta deceduto nel 1848, e pubblicato da Domenico Berti nel suo Metodo applicato all’insegnamento elementare del 1849), fu interrotta, rimandando l’elaborazione organica della pedagogia all’“arte” educativa concreta. 

Tema centrale
L’opera mira a fondare l’educazione su un principio metodologico supremo: la gradualità dell’apprendimento e dell’educazione, che si sviluppa in sintonia con lo sviluppo delle facoltà intellettuali e morali della persona. La pedagogia è così congiunta alla logica e alla gnoseologia, alla psicologia, all’antropologia, alla filosofia morale e alla teologia, configurandosi come disciplina autonoma e insieme interconnessa con l’intera impalcatura del sapere rosminiano.Oltre a ciò, l’aspetto rilevante da considerare è l’utilizzo di un metodo di ricerca, considerato valido anche per l’educazione, che parte dall’esperienza e dall’osservazione: Fare osservare al fanciullo co’ suoi propri sensi gli oggetti esterni, e nel fargliene prendere degli sperimenti. Ecco un grande scopo: seguendo la stessa natura formare del fanciullo un osservatore e uno sperimentatore: dirigere soavemente, costantemente, sagacemente la sua attenzione senza però mai forzarla o contrariarla (n. 147).

Tre concetti chiave

  • Gradualità dell’intellezione
    Il metodo educativo si fonda sull’ordine naturale e progressivo delle intellezioni. L’educatore deve sintonizzarsi con le tappe della coscienza, dalla percezione sensibile fino alla moralità consapevole. Educare significa accompagnare l’intelligenza e la volontà lungo il cammino dell’essere, attraverso un’arte che segue il ritmo del reale e la vocazione dell’interiorità.
  • Linguaggio e Coscienza come luoghi pedagogici per eccellenza
    L’educazione è il processo attraverso cui si forma il linguaggio e l’io, acquisizioni antropologiche con cui l’infante si appropria della conoscenza del mondo esteriore e degli orientamenti morali. Passando per esperienze intellettive (astrazioni, riflessioni) e affettive (riso, pianto, rimorso) sulla base dell’ordine delle intellezioni, si strutturano l’interiorità e il linguaggio.
  • Pedagogia come arte
    Rosmini distingue tra metodica come logica e pedagogia come arte: l’arte educativa consiste nel formare liberamente, tramite osservazioni ed esperienze, l’anima del bambino sulla base dell’ordine dell’essere. Non si devono quindi imporre contenuti, metodi o approcci razionalistici, ma va abitato il terreno della relazione e dell’interesse . Si tratta in questo senso di una scienza pratica dell’amore, espressione principe di quella Carità Intellettuale che (1) plasma la libertà, nel rispetto della singolarità del soggetto, e (2) rifiuta ogni tecnicismo o astrattismo.

Rilevanza nel pensiero rosminiano e nella filosofia europea
Quest’opera è il fulcro della pedagogia rosminiana. Essa unisce spiritualità, logica educativa, antropologia pedagogica e analisi proto-fenomenologiche sullo sviluppo infantile, anticipando molte riflessioni moderne sulla centralità del bambino, sul legame tra pensiero e linguaggio e sull’educazione come processo di formazione della coscienza.

Il pensiero pedagogico di Rosmini svolge un ruolo rilevante nel Secondo Ottocento, su G.A. Rayneri, G.A. Sciolla, T. Pendola, M. Tarditi, A. Stoppani, P.A. Corte, R. Ferrini, A. Pestalozza, E. Micheli, C. Uttini., influenzando non poco la visione di molti educatori cattolici, oltre che di tutti gli appartenenti alla sua congregazione. La traduzione inglese dell’opera è stata oggetto di studi e influenze che, tramite Thomas Davidson e William James, si ritiene giungano indirettamente a contaminare le prime riflessioni di John Dewey.

La ricezione dell’opera fu segnata poi dalla dimenticanza nella stagione positivistica, riequilibrata nel primo Novecento grazie agli studi di Gentile, Morando, Casotti e in seguito dagli affondi di intellettuali come Codignola e Bertin, che proietteranno la pedagogia oltre il neoidealismo nel Secondo Novecento. 

Negli ultimi cinquant’anni, le ricerche tra gli altri di Prenna, De Giorgi, Daros, Gaudio, Marangon, Bonafede (Giulio e Paolo) e Bellelli hanno portato a sviluppi nella storia dell’educazione e nelle interpretazioni del pensiero pedagogico del Rosmini, con riferimento in particolare ai concetti di metodo educativo, di educazione religiosa, di antropologia e psicologia infantile.

Scelta filologica
Il testo proposto riprende l’edizione di Francesco Paoli del 1857, la prima edizione, inserita all’interno degli Scritti Pedagogici Volume I, che, non a caso, vengono pubblicati dopo il ritrovamento del manoscritto della Metodica da parte di Paoli nel 1856. 

Bibliografia essenziale

Del principio supremo della Metodica, in Scritti pedagogici, a cura di F. Bellelli, edizione critica, Città Nuova, Roma 2020.

Bonafede P., L’altra pedagogia di Rosmini. Dilemmi, occultamenti, traduzioni, Università degli Studi di Trento, Collana "Studi e Ricerche”, Trento 2019.

Bonafede P., De Giorgi F., Rosmini e la pedagogia, in « Annali di Storia dell’educazione e delle istituzioni scolastiche», 29/2022, pp. 7-182.

Casotti M., La pedagogia di Antonio Rosmini e le sue basi filosofiche, Vita e Pensiero, Milano 1937.

De Giorgi F., Rosmini e il suo tempo. L'educazione dell'uomo moderno tra riforma della filosofia e rinnovamento della Chiesa: 1797- 1833, Morcelliana, Brescia 2002.

De Giorgi F., Il metodo italiano nell’educazione contemporanea. Rosmini, Bosco, Montessori, Milani. Morcelliana, Brescia 2022.

Marangon P., L’educazione civile in Rosmini, in M. Dossi, M. Nicoletti (eds.), Antonio Rosmini tra modernità e universalità, Morcelliana, Brescia 2007.

Morando D., La pedagogia di Antonio Rosmini, La Scuola, Brescia 1948.

Paoli F., Della educazione cristiana di Antonio Rosmini, preceduta da una dissertazione sui Meriti Pedagogici del medesimo,Stamperia de’ fratelli De Angelis, Napoli 1860.

Prenna L., Dall’essere all’uomo, Città Nuova, Roma 1979.

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Prefazione : Agli Educatori Italiani

Prefazione.

ANTONIO ROSMINI non attese soltanto alla speculazione colla vasta e sottile sua mente, ma applicò anche il suo gran core e tutte le sue forze all'azione per giovare in ogni possibile modo a' suoi simili. Tra l'altre cose per questo s'adoperò molto nel formare degli Educatori, non solamente collo scrivere di cose pedagogiche, ma coll' istituire eziandio un Collegio di Educatori elementari a parte nell'Istituto da lui fondato, e nominato della Carità. Degli scritti pedagogici il più importante è inedito, e porta il titolo seguente: «Del Principio Supremo della Metodica, e di alcune sue applicazioni in servigio dell'umana educazione». In capo a questo lavoro il Rosmini notò le seguenti parole: « Molti mi esortano » a scrivere popolarmente. Io stimo avervi qualcosa di scientifico destinato a divenir popolare, e questo scientifico è tutto ciò, che si attiene alla verità». E pare che con quest'Opera specialmente egli pensasse di rendere popolare quel «qualcosa di scientifico», che credeva destinato a doverlo divenire, e che fosse persuaso di potersi ciò ottenere principalmente per mezzo degli Institutori della gioventù. Della quale persuasione è argomento l'aver posta in capo a questa Opera pedagogica la surriferita nota marginale, come sua propria impresa, e l'altissima stima che ebbe sempre degli Educatori, e che con ogni possibile maniera cercava di mettere negli altri.
Per la qual cosa io credo, che a voi deva essere consecrato questo lavoro prezioso, o Educatori della gioventù, sia che compiate questo nobilissimo ufficio nelle scolastiche aule di qualsivoglia ordine e grado, o sia, che più modestamente, ma più efficacemente, lo adempiate nel sacrario della famiglia: nella quale i primi, e naturali educatori siete voi senza dubbio, o genitori.
Siamo dunque persuasi di fare cosa non solamente grata, ma utile a Voi pubblicando quest'Opera postuma di Antonio Rosmini, unitamente ad altri suoi scritti minori, che riguardano l'educazione, e che tutt'insieme formano la Collezione delle sue Opere di Pedagogica e Metodologia. Voi troverete in questi scritti la scienza, e anzi la filosofia della Pedagogia. Vi troverete quel « qualcosa di scientifico », che ora spetta a voi di rendere popolare, facendo, con seria meditazione, talmente vostre le cose che vi si dicono, da poterne discorrere con cognizione di causa, e farne con sicurezza l'applicazione; tenendovele innanzi alla mente come tanti lumi, che vi dirigano nella difficile arte dell'educazione de' vostri figli, o de' vostri allievi. Con che verrete a dare alle dette cose non solamente quella popolarità, che consiste nel portare alla cognizione dei più alcuna parte di scienza riservata come privilegio a' soli dotti, ma quella ancora più utile, che sta nel produrre in molti, colla dimostrazione degli effetti, la persuasione della loro efficacia e verità. E quando dico, che in questi scritti troverete la filosofia della Pedagogia, non dovete già credere, che in essi l'Autore vi presenti solamente discusse le supreme ragioni di questa scienza, ma vi troverete fatte anche di molte nove e utilissime applicazioni all'arte, o come si suol dire alla pratica.
E per verità l'Autore nel principale di questi scritti comincia con una ricerca capitale, che è quella del supremo principio della Metodica, secondo cui deve essere dato ogni insegnamento, e condotta ogni educazione dell'essere ragionevole. Ma questo era del tutto necessario, affinchè la trattazione si rendesse scientifica; la scienza acquistasse unità e lucidezza maggiore; fossero giustificate tutte le leggi secondarie, che da quel supremo principio si derivano; e le applicazioni potessero essere indicate con sicurezza. Del che il bisogno si fa sentire più grande e più urgente in questi tempi, nei quali gl'intelletti sembrano avere acquistato un guizzo più rapido, e sono stimolati a salire un grado più su nella ricerca delle più elevate ragioni. Non solamente, perchè si è messo un maggior avviamento negli studi filosofici, nel che ognuno sa quanta parte, e quanto merito o'abbia il Rosmini; ma anche perchè fu chiamata molle, falsa e dannosa una maniera di educazione, che basandosi s»pra regole e pratiche sperimentate, difettava ciò non ostante alcun poco, e pareva men buona per ciò, che chi l'usava, non sapeva rendere ragione del suo operato. E per ciò stesso fu l'Autore costretto di entrare in altre discussioni meno generali, ma non meno gravi e importanti specialmente sul modo dell'operare intellettivo del bambino, affinchè non paressero esagerate le sue affermazioni intorno all'attitudine del medesimo di apprendere la verità e di moralmente operare secondo la medesima.
Queste sono le parti più speculative dell'opera che vi presentiamo. Ma voi meditatele, e le intenderete, e con ciò stesso ne intenderete molte altre, poichè non è da credere, che la mente colga sempre più di verità leggendo un libro facile, che un difficile. Nel facile troverà bensi, senza sforzo di attenzione e di riflessione, piani e intelligibili i singoli concetti, ma alla fine avrà imparato poco, nè potrà raccogliere in uno i molti pensieri, non potrà dire con precisione qual nova luce intellettuale abbia acquistata. Laddove nel difficile, quando la difficoltà dell'intendere non dipenda dalla inettitudine dello scrittore o dalla ignoranza del lettore, abbattendosi a delle parti oscure per sottigliezza, se vi si fermerà meditando, avrà la consolazione di conquistare la intelligenza del vero recondito colle sue proprie forze, e al vero ritrovato porrà affetto, se ne formerà una ferma persuasione, se ne sentirà sicuro possessore. Io voglio dunque credere, che nessuno di voi vorrà percorrere questo libro leggermente, ma si meditarlo, specialmente chi dovesse aver cura di tutta intiera la educazione di uno o più allievi, e non di una sola parte di essa. Benchè anche questi deva trarre grande vantaggio dal conoscere le regole generali del metodo, e dal sapere con precisione qual loco tenga la parte a lui assegnata, e quali relazioni abbia con tutte le altre.
Del resto, anche chi non avesse l'ingegno o l'agio di penetrare certe ragioni molto elevate e sottili, troverà in questo lavoro pianamente e mirabilmente descritta la forma delle anime ingenue dei bambini; la spontanea, rapida e forte maniera del loro operare; i segni, a' quali si manifestano, o dai quali si possono con sicurezza argomentare, i più profondi loro bisogni; indicati li stimoli che li fanno sorgere, e i mezzi da soddisfarli, mantenendoli nondimeno, e anzi accrescendoli: perchè li stessi bisogni sono stimoli e mezzi necessari allo sviluppo delle umane potenze. Troverà ben definiti gli oggetti e i beni, ai quali tende il bambino in ciascuna età; le regole metodiche e pedagogiche, coll'uso delle quali si può aiutarlo a raggiungerli; i limiti, oltre i quali sarebbe indarno e anzi pericoloso lo spingerlo. E tutto questo detto con quell'ordine e quella chiarezza, che è propria della potente analisi del filosofo di Rovereto; con quella ingenuità e sagacia che potè avere chi cominciò a meditare sopra sè stesso fin da bambino, come dimostrano le memorie, che riteneva della sua infantile età; con quell'affetto energico e caldo, con che amò sempre gli uomini, e che gli faceva brillare innanzi le più liete speranze, quando contemplava i fanciulli; con quella sicurezza di giudizio, che gli faceva indovinare le cose occulte, e integrare le imperfette, formandosene gl'ideali; con quell'appassionato amore del vero e del bene, che gli fece durare tante fatiche per ristaurare a pro del genere umano la filosofia. E qui mi cade in acconcio di riferire le parole, colle quali finisce l'esposizione del Sistema filosofico. « Il fine della filosofia è di trovar quiete e riposo alla curiosità della mente, il suo frutto più prezioso ancora è di assicurar l'animo umano della possibilità, che egli giunga al compimento di tutti i suoi desideri, di togliergli intorno a ciò ogni incertezza, di additargli quella sicura via, per la quale egli giunga alla cima, a cui tende. La qual via lo conduce a Dio, a cui il consumato filosofo si dà ad ammaestrare come discepolo, e a perfezionare come creatura. Tale è il fine della filosofia, tale il suo frutto. Ma se invece di considerare la scienza, si vuol considerare la scuola della filosofia, ella in tal caso diventa la vera pedagogia dello spirito umano; della mente, cui manoduce alla scienza più compiuta; e dell'animo a' cui affetti svela innanzi il più compiuto bene. Sotto il quale aspetto, d'una pedagogica dell'umanità, la filosofia è concepita da Platone». (Introd. III. Sist. Filos.).
Su di che aveva divisato e promesso di aprirci i suoi pensieri con tre volumi di Pedagogica e Metodologia fino dal 1836 (Collez. delle Opp., Clas. IV). Ma la divina Provvidenza, che per la legge di celerità nell'operare « abbrevia la vita de'grandi uomini, talora non lascia loro nè manco compire affatto l'opera che intraprendono, purchè essa sia tanto avanzata o avviata, che ne sia assicurato il successo » (Rosm., Teod., n. 909), dispose che di questa, come di altre sue opere, non ci lasciasse più che un avanzato avviamento.
Sul finire del 1839 Antonio Rosmini mise mano a questo lavoro di Pedagogia, e pare, che ne prendesse l'occasione dalla profferta, che Anna Maria Bolongaro di Stresa, donna di pii e generosi propositi, gli faceva di affidare all'Istituto della Carità la direzione della scola elementare di questo borgo, fondata dall'avo suo, e che diffatti l'Istituto prese l'anno seguente a dirigere. Non intese però il Rosmini di fare un trattato scolastico per uso de' maestri elementari, ma bensì un trattato compiuto di Pedagogia, e di dare un novo saggio della fecondità del sistema filosofico, e dell'applicazione, che se ne poteva fare all'arte di migliorare la vita, come fece col Diritto e colla Politica, col Trattato della Coscienza, e colle Opere ascetiche. Sicchè è una di quelle scienze di applicazione, che sono dirette a formare la scola filosofica, e a fecondare e rendere produttrice la filosofia. Essa dipende immediatamente dall' Antropologia e dalla Psicologia, dalle quali le sono date le notizie delle umane potenze, che si devono educare, e del loro modo di operare; dalla Ideologia e dall'Etica, che le somministrano le notizie degli oggetti prossimi e ideali, secondo i quali devono essere mosse le umane potenze, perchè sieno bene educate ; dall'Ontologia e dalla Teologia, che le danno le notizie dei termini, ai quali devono le umane potenze unirsi, perchè sieno quiete e compite, nel che sta il fine della umana educazione. E quando dico dalla Teologia, non intendo parlare solamente della naturale, ma molto più della soprannaturale. Poichè a questo devono continuamente mirare e quelli che trattano la scienza della educazione, e quelli che l'applicano all'arte della educazione, cioè di condurre gli allievi a quella pienezza di vita perfetta e beata, per la quale sono creati, e alla quale sono avviati e condotti dalla grazia. Chè quando questo non si facesse, la trattazione della scienza e l' operazione dell'arte di educare sarebbero monche e per poco mostruose, perchè dimenticherebbero affatto lo sviluppo di quella potenza, che nel cristiano è suprema e personale, la potenza di congiungersi a Dio per via di cognizione amorosa. Il Rosmini non perdette di vista questo culmine della umana educazione, lo indica e lo raccomanda di continuo agli educatori con sentite e ragionate parole.
E nemmeno è da credere, che il Rosmini intendesse di trattare solamente quella parte della umana educazione, che riguarda i giovanetti di tenera età, come si costuma di fare. La sua mira era volta anche agli adulti e ai vecchi, a tutto l'uomo, perocchè in ogni età l'uomo tiene del fanciullo, subisce un novo sviluppo, che deve essere aiutato e diretto a compiersi bene: e deve l'uomo sapere essere educatore anche di se medesimo. E però distinse la sua trattazione per età, computate non secondo il numero degli anni, ma secondo il grado delle intellezioni, a cui sale di mano in mano l'anima umana nel suo sviluppo intellettivo. La prima elà, che comincia col nascere, non comprenderebbe che sei settimane. Ad essa non si possono assegnare intellezioni ben definite, benchè ti sia la prima e fondamentale intellezione dell'essere, senza della quale il neonato non sarebbe uomo, perchè non avrebbe il lume della ragione. Il bambino consuma la prima settimana nello svegliarsi dal sonno uterino, e l'altre cinque nell'esercizio dell'organismo e della forza unitiva animale delle sensazioni della vista con quelle del tatto. La seconda età si manifesta col riso del bambino e col pianto, il che suole appunto accadere nella sesta settimana. Le sue intellezioni si riducono alle sole percezioni del sussistente, che sono sintesi di prima specie, cui corrispondono le volizioni affettive istintive aventi per loro termine il sussistente. Essa termina colla prima parola, che proferisce il bambino sul compiersi ordinariamente del primo anno. La parola è indizio, che comincia la terza età, e che il bambino è salito al secondo ordine d'intellezioni, mediante l'analisi di prima specie, che nel segreto dell'anima sua compie facendo astrazione dal sussistente, onde il bambino n' ha le įdee imaginali, e astraendo le qualità sensibili interessanti, onde comincia ad avere degli astratti di primo grado, ai quali corrispondono nella potenza attiva le volizioni affettive aventi per loro termine le qualità sensibili astratte, precise dal sussistente e dalle altre qualità indifferenti alla potenza appetitiva. Segue la quarta età, che si apre verso i tre anni, e si manifesta coll'attitudine all'apprendimento della lettura. Essa consiste nell'esercizio della facoltà giudicativa, resa atta oramai alla sintesi di seconda specie, per la quale si connettono gli elementi dell'analisi dell'età antecedente, e si afferma in un soggetto l'esistenza delle qualità, che si astrassero, il che costituisce un'intellezione di terz'ordine, a cui corrisponde la volizione apprezzativa dell'oggetto giudicato. A questa tengono dietro assai presto le intellezioni di quarto ordine, le quali consistono in un paragone di due oggetti, che vie meglio si conoscono per l'analisi di seconda specie o scomposizione elementare, propria di questa età, e in un giudizio di appreziazione che preferisce l'uno all'altro oggetto. A queste intellezioni rispondono le volizioni appreziative con scelta tra due oggetti; e la moralità, che rudimentalmente non mancava negli ordini precedenti, prende in questo uno sviluppo maggiore. Sorgono verso questo tempo i primi albòri della coscienza, la quale si manifesta per delle volizioni, che sono la felice e insieme paurosa conseguenza delle intellezioni di quinto ordine, che consistono nella sintesi di terza specie. Per queste intellezioni si determinano le relazioni, che hanno tra di loro due cose, che ne formano una sola, e si concepiscono come una, delle quali concezioni la più importante è quella della percezione dell'IO, e della propria identità. Questa età pare, che si possa stendere fino a quel tempo, nel quale comunemente si dice, che il fanciullo acquista l'uso della ragione, e si direbbe meglio il libero uso della ragione, poichè l'uso della ragione comincia fino dalla prima età e si manifesta col riso e col pianto del bambino delle sei settimane; chè l'animale nè ride, nè piange.
Fin qui giunge il lavoro di Antonio Rosmini, di che parliamo. Ma da una leggera memoria, che trovo scritta di proprio pugno sopra un pezzolino di carta, come costumava di fare, sembra che ei volesse parlare ancora di altri quattro periodi importantissimi della umana vita, e che senza dubbio avrebbe suddivisi in un maggior numero di età. Poichè trovo, che dal settimo al dodicesimo o quattordicesimo anno ci avrebbe voluto discorrere di quel lavoro, che fa la mente per conquistare, mediante riflessioni sempre più elaborate, la cognizione riflessa dell'obbligazione morale e della legge, alla quale corrisponderebbe un operare più libero. E credo, che ci avrebbe dimostrato quello che più volte mi disse: dipendere principalmente da questa età il sortire degli uomini fortemente morali o immorali per tutto il resto della vita. Poichè l'anima giovinetta e inesperta si abbandona sempre con tutta se stessa, con tutte le sue forze, agli atti che compie, sicchè riescono sempre più pieni e più forti di quelli degli adulti. E però dal primo atto morale o immorale, che deliberatamente compie, contrae una bona o mala piega si tenace, che la porta per tutta la vita, e le rende la virtù più o meno difficile. Poi nota, che dalla pubertà alla adolescenza, che suole essere poco oltre ai venti anni, viene quel periodo, nel quale il giovane, avendo conseguito sufficiente forza di riflessione, e conquistate con chiarezza le nozioni della legge, del dovere e del bene, è fatto signore delle proprie potenze, e può e deve attendere alla pratica delle private e individuali virtù, con che viene a sempre più educare se stesso. A questo tiene dietro quell'altro periodo di vita, nel quale l'uomo si volge a contemplare le cose come sono in se stesse, e quindi s'innalza fino al pensiero di ciò che è eterno e necessario; al quale pensiero sembra che il Rosmini ponga come parallela quella operosità, onde l'uomo s'applica a scolpire colle arti belle e colle lettere l'eterna bellezza; a difendere colla parola e colla mano le ragioni della eterna giustizia, e gl'inviolabili diritti dell'umanità; a soccorrere ne' vari modi che vi sono i suoi simili, e per ciò chiama questa l'età dell'azione. Vengono finalmente gli ultimi periodi della vita, che nomina età del consiglio, e elà del riposo o della sapienza, ai quali tien dietro la decadenza dell'uomo.
Ne, perchè il Rosmini accenni, sia nelle prime sia nelle susseguenti età, un termine d'anni definito per approssimazione, intende punto, che dagli anni devano essere determinate le età, e che da essi dipendano le capacità di ciascheduna. Poichè non è cosa rara vedere dei giovani pieni di senno virile, e degli uomini che bamboleggiano in età senile. Ma bensì le definisce e le fa dipendere necessariamente dagli ordini d'intellezioni, e dimostra come queste sieno connesse e graduate per modo, che è impossibile salire alle superiori senza avere prima percorso le inferiori. E diffatti si definisca la sapienza per la scienza pratica della felicità, o per l'arte del vivere virtuoso e beato, o per l'abilità di conseguire col minimo mezzo il massimo fine, o per la prudenza di ben governare se stesso e gli altri; è cosa evidente, che l'uomo non può pervenire all'età della sapienza, se prima non abbia percorsa l'età del consiglio, che è quella di sapere facilmente trovare, mediante una sintesi molto elevata e complessa, i mezzi più opportuni e più efficaci da convenientemente adattare al conseguimento dei fini, e di subordinare i fini secondo l'ordine loro gli uni agli altri, e tutti al supremo. Nè può entrare nell'età del consiglio, se non abbia consumata l'età dell'azione, per la quale acquista cognizione sperimentale dei fini e dei mezzi, e amore di operare a norma della eterna e incommutabile verità a pro de' suoi simili. Mancano poi le cognizioni pratiche e le forze all'operosità ordinata della pubblica vita a quell'uomo, che non abbia praticate le virtù della vita privata nella sua giovinezza e imparato a governar bene se stesso. Nè questo al tutto può fare, se non abbia percorsa quella catena di riflessioni che il rendono interamente libero e consapevole di se medesimo. E alla piena libertà e consapevolezza di se medesimo pur necessario, che preceda la percezion di se stesso, e della propria identità in tempi e in azioni diverse. A questa età poi si perviene mediante l'analisi elementare, onde si scoprono le relazioni di più cose, che ne formano una sola. Nè quest'analisi e le volizioni appreziative, che ne conseguitano, sono possibili, se prima non si abbiano giudicati e voluti gli oggetti per le qualità interessanti, che in essi si affermano. E come potrebbe il bambino compiere questa sintesi, se non avesse innanzi, con delle analisi meno complicate, e con delle semi-astrazioni, separate dagli oggetti le qualità, che più lo interessano? Come apprezzare un oggetto qualunque per le sue qualità, benchè non ancora del tutto astratte, se non si sentisse portato al medesimo dall'affetto? E finalmente gli oggetti, che sottopone alla sua analisi, dove li trova? d'onde li prende? Potrebbe analizzarli, se non li avesse sinteticamente percepiti nella prima età? Potrebbe prendervi affezione per le buone qualità, che in essi trova, se già prima non li avesse istintivamente voluti, e per così dire assaggiati nella percezione?
La percezione dunque è la prima intellezione, il primo uso, e il primo frutto dell'umana ragione. Dalla percezione comincia ogni sviluppo delle umane facoltà, dalla percezione prende le sue mosse l'educazione. Ma nè tutte le percezioni si acquistano nella prima età, nè tutte le semi-astrazioni si fanno nella seconda, nè tutti i giudizi si compiono nella terza e nella quarta. Le unė e gli altri continuano nelle età susseguenti fino all'ultima, in ciascheduna delle quali crescono di numero e di perfezione. Il simigliante accade delle riflessioni di ordine più elevato, che appartengono all'età della coscienza, della virtù, dell'azione e del consiglio, le quali tutte, come anche molte delle prime, entrano a dare alla stessa età della sapienza una cotale impronta di giovinezza e di progresso, che ammette ancora dell'educazione. Di maniera che nessun uomo in nessuna età, fin che vive su questa terra, può dire di essere compiutamente educato, di non avere bisogno di aiuti e di stimoli per avanzare sempre più nel suo sviluppamento.
Tutte queste cose si fanno chiare dalla lettura di questo importantissimo brano della Pedagogia e Metodologia di Antonio Rosmini. E queste sono le ragioni, ond'egli deduce e giustifica le regole pedagogiche, di cui regala la patria e la Chiesa. E dico regola, perchè io stimo questo lavoro come un dono prezioso, pel quale, quando gli educatori se ne saranno bene impossessati, e ne avranno tradotta in azione l'idea, vedremo rifornirsi la patria e la Chiesa di individui, che hanno caratteri forti e spiegati, e che le onorano, e le consolano col loro senno e coi loro costumi. Sicchè a me non resta altro, che di pregare i genitori e gli educatori tutti, che leggeranno questo scritto, di volerlo, come dicevo da prima, meditare, e di adoperarsi per rendere, colla loro intelligenza e attività, popolare quel « qualcosa di scientifico », cioè di vero recondito ed efficace, che il Rosmini credeva destinato a doverlo, quandochesia, diventare. Ma prima di por termine a queste mie parole, vuole la figliale pietà verso l'autore, e la riverenza verso i lettori, che io Vi renda ragione del manoscritto di questo lavoro, dell'ordine di tutta questa collezione di scritti pedagogici.
Il manoscritto, adunque, fu trovato in buon essere e di primo getto, con alcune poche mende fattevi dall'autore di tratto in tratto che lo scriveva. Dalle date marginali (che il Rosmini costumava di porre, quando ripigliava uno scritto, colla indicazione del giorno e del santo, che in quello si onora dalla chiesa, quasi per invocarne la protezione) apparisce, che il manoscritto fu cominciato a Stresa il 5 Novembre dell'anno 1839, e compito il 26 Aprile 1840. Lavoro fatto abbastanza celeremente per dovergli perdonare quei difetti di lima che vi s'incontrassero, specialmente se si considerano le molte e gravi cure e fatiche, che occupavano contemporaneamente l'attività di tant'uomo. Ha per altro de' passi pieni di splendore e di brio; è scritto tutto con grande affetto, e tiene un non so che di originale suo proprio. È poi mirabile cosa vedere la evidenza, a cui fu portato il principio supremo della Metodica nel primo libro, e le nove e belle dottrine, che nel secondo espone intorno all'infanzia, materia sinora intentata, fuor che da alcune sagaci scrittrici, e arcana a' filosofi. È anche abbondante di fatti, di esempi e di applicazioni, che rendono popolare, quanto può essere, un lavoro tanto profondo.
Aveva divisato di compiere tutta l'opera in cinque libri, come si rileva dalla intitolazione del Manoscritto. Ma sventuratamente non ne abbiamo che due appena. E dico appena, perchè la sesta sezione del secondo libro, che svolge la natura delle intellezioni di quinto ordine, e dà la dimostrazione delle attività corrispondenti, difetta dei due ultimi capi, che dovrebbero trattare dell'istruzione e dell'educazione rispondenti al quint'ordine d'intellezioni. Io speravo di trovare alcune tracce e memorie, che almeno in parte ci compensassero di si gran perdita. Ma non fu vero. Di quello che si può riferire ai libri seguenti non esiste altro che la memoria, di cui ho fatto cenno più sopra; e di ciò, che appartiene ai due capi mancanti della sezione sesta, trovo notato solamente quanto segue: « Capo III, Istruzione – Dio sapiente – rimuneratore del bene e del male. Capo IV. Educazione. – La ragione viene a sostegno dell' ubbidienza. – Comunicazione colla ragione altrui. – Come la ragione deve correggere la simpatia. – In questa età non si devono dare al fanciullo tentazioni di mentire. – Mezzi di rendere verace il fanciullo. – Il berniesco è dannoso pei fanciulli, si dee prendere la cosa sul serio – Lodare e biasimare è inteso a questa età. Parmi possano cominciar qui. Aiutano, ben dati, a conoscere la dignità morale. Il lodare e il biasimare inutile prima di questo tempo, perchè non inteso. Quando il fanciullo ha dei principi morali, e sente il rimorso, la coscienza comincia a divenir regola. Quanto sia religioso il principio morale di questa età». Questa memoria è tanto poca cosa, che avrei potuto lasciare di riportarla. Ma l'ho voluta mettere qui per potervi dire, che questo manoscritto si pubblica tutto intiero tale qual fu trovato. E perchè quel che manca non vi rincresca troppo e non vi tenti a far meno conto di quel che c'è, permettetemi di dirvi, che le analisi fatte nelle prime età vi tracciano la via per fare voi qualcosa di simile sulle età seguenti, quando vi ponete a studiare i vostri allievi. E similmente, che i principi dedotti, e le regole indicate per la bona educazione delle prime età, valgono anche per le ultime. E vi potrei pur aggiungere che, siccome il Rosmini suppone lo sviluppo del bambino regolare e quindi alquanto precoce, voi vi troverete spesse volte in condizione di educare fanciulli piuttosto avanzati negli anni, che pur non avranno ancora percorse tutte le età descritte in questa parte di Pedagogia.
Venendo ora a dire della Collezione, voi vedete, che il primo volume delle Opere pedagogiche di Antonio Rosmini si compie con quest' Opera «Del principio supremo della Metodica e di alcune sue applicazioni in servizio dell'umana educazione, lavoro, che si può considerare come finito quando l'applicazione non si estenda oltre l'età della puerizia.
Il secondo volume poi si compone di Opere di minor mole, e sono le seguenti:
I. Della Educazione cristiana, Libri tre. – Quest' Operetta fu stampata in Venezia nel 1823, e ora si riproduce con alcuni piccoli emendamenti fattivi dall'Autore. La scrisse in età giovanile per la sorella Margarita, che aveva presa la cura e il governo di alcune povere orfane in Rovereto. Essa contiene degli assai utili ammaestramenti e indirizzi per la educatrice. Vi si discorre: 1° Della formazione di una savia educatrice; 2° Dell' insegnamento delle verità cristiane ; 3° Della pratica delle virtù. - Apparisce da questo lavoro, quanto solida voleva il Rosmini che fosse la virtù e la pietà anche in quella parte del genere umano, che si suole dir debole.
II. Saggio sull'unità dell'educazione. – Fu stampato nel 1827 a Milano nel primo volume degli Opuscoli filosofici. L'Autore ivi parla: 1° Dell'unità del fine; 2° Dell'unità degli oggetti; 3° Dell'unità nel metodo.
III. Sulla libertà d'insegnamento. – In questo Opuscolo sono indicati con chiarezza e difesi con vigore i diritti di tutti : 1º Della Chiesa Cattolica; 2° Dei Dotti; 3° Dei Padri di famiglia; 4º Dei Benefattori che col proprio danaro mantengono le Scuole; 5° Dei Comuni e delle Provincie; 6° Del Governo.
Come molto affine a questo argomento si aggiunge una lunga Memoria, che nel 1846 presentò al personaggio, che allora presiedeva alla pubblica istruzione in Torino. Questa a dir vero riguarda una vertenza dell'Istituto della Carità, come società insegnante, col Governo. Ma poichè in essa il Rosmini colse l'occasione di dire assai cose intorno alla libertà d'insegnamento e alle guarentigie, che presentano le Società insegnanti, specialmente religiose, crediamo di far cosa utile e gradita a pubblicarla.
Spero di poter aggiungere qualche altra produzione, poichè esistono tra manoscritti alcuni materiali sul metodo filosofico, sull' ordinamento delle Scuole, e simili, e vedrò se mi riesce di fare una scelta, che vi possa essere utile.
Di quanto gran bene per la educazione ci ha privati una troppo celere morte! Sappiamo almeno valerci degli ammaestramenti, che ci ha lasciati in proposito Antonio Rosmini.
Possano le nostre piccole futiche, unite alle grandi di Lui e coronate dalle vostre, o Educatori, darci la consolazione non soltanto di vedere accolta con animo grato, e disposto a profittarne, questa Collezione di scritti pedagogici; ma quello che più importa, e anzi che solamente importa, di vedere sorgere una generazione novella educata a diritto ragionare, a onesto operare, amante del bello, sdegnosa dell' ozio e delle vigliaccherie, sinceramente cristiana e civile!